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“La prossima posizione è sempre la migliore” di Pier Luigi Lattuada

Dai tempi di Eraclito che ci ha lasciato il famoso concetto di panta rei, tutto scorre, alla visione buddista dell’interconnessione di tutte le cose per giungere alle leggi della termodinamica fino alle più recenti acquisizioni di campo e coscienza quantistica appare scontato come la vita sia un flusso in incessante trasformazione.

Ci troviamo di fronte ad un dato difficilmente confutabile che mette tutti d’accordo, mistici, scienziati, esperti e gente comune.

Il problema è che ci comportiamo come se non fosse così, il nostro sistema di pensiero è costruito ad immagine e somiglianza di un mondo statico, fondato su certezze inamovibili, mattoni  stabili, situazioni fatte per durare nel tempo, la cultura che ci tramandiamo tramite i canali di comunicazione  è infarcita di valori, credenze e condizionamenti coerenti alla ricerca di stabilità e sicurezza, la politica e l’economia anelano alla sicurezza e alla stabilità, il linguaggio è zeppo di termini orientati al controllo. 

Ne consegue che i nostri stati d’animo dominanti siano scanditi da codici di emergenza, preoccupazione e paura e ci comportiamo di conseguenza, il mondo è un luogo minaccioso da controllare, dal quale difendersi, la retorica dominante è quella della guerra, combattere, lottare, vincere, farcela, avere successo, riuscire.

Ci dibattiamo così in un circolo vizioso, un sistema di pensiero fondato sul controllo, un linguaggio costruito su sicurezza e stabilità crea un mondo minaccioso la fuori dal quale difendersi, tutto scorre ma ci comportiamo come se ogni cambiamento fosse minaccioso, ogni novità sospettosa.

La mente ordinaria, cioè il nostro modo di pensare abitudinario è così abile a farsi delle idee del mondo da rimanere attaccato ad esse e resistere ad ogni cambiamento.

Ne risulta che la mente stessa da alleato si trasforma in nemico destinandoci ad una vita determinata da abitudini, credenze e attaccamenti, come se indossassimo sempre una maschera, recitassimo una parte confondendo il personaggio con l’attore.

I personaggi che ci abitano vivono esperienze determinate da un copione nonostante che l’attore potrebbe fluire nella vita.

A questo punto potremmo individuare due categorie di persone quelli che concordano sul fatto che stiamo tutti recitando una parte e quelli che lo negano.

Tra quelli che concordano, alcuni decidono di intraprendere un viaggio di risveglio.

In tempi di globalizzazione nell’era dell’informazione al viaggiatore si schiudono innumerevoli strade: la psicoterapia, i guru indiani, le religioni mistiche, le pratiche meditative, le arti marziali, le cerimonie tradizionali, le piante maestre, la respirazione, le danze sacre, lo yoga e così via.

Il problema è che qualsiasi tecnologia di risveglio si voglia impiegare questa produrrà sempre un divario tra la vita reale e i momenti dedicati alla pratica.

Ci farà vivere buone esperienze ma non necessariamente cambierà il nostro modo di fare esperienza.

Potremo continuare a dormire per buona parte della giornata, per risvegliarci nella sala di meditazione o sul lettino dello psicoterapeuta; potremo continuare ad indossare la maschera nella vita quotidiana per toglierla nei gruppi di auto-aiuto, di sviluppo del potenziale umano, o magari in chiesa al cospetto del proprio Dio.

Cambiano le cose che facciamo ma non cambia il modo col quale le affrontiamo.

La spiegazione è semplice, le cose sono evidenti, il modo no. Per questo dobbiamo prestare attenzione, ecco la chiave: l’attenzione.

Se è vero che tutto scorre, tutto si trasforma, ogni cosa ne indica un’altra, anche ogni abitudine, ogni credenza, ogni attaccamento ci schiudono porte, oltre di sé. Se noi prestiamo attenzione possiamo cogliere i mondi che ci vogliono indicare: la prossima posizione è sempre la migliore.

Seconda attenzione

Suggerisco di considerare una prima attenzione, il primo sguardo gettato sulle cose, quello che coglie la realtà ordinaria e una seconda attenzione, più approfondita, precisa, che possiamo sviluppare stando attenti a guardare oltre ciò che appare. Questo gioco tra prima e seconda attenzione si può compiere in ogni momento e ripetersi all’infinito. C’è sempre un’attenzione seconda a una prima, un modo ulteriore che coglie ciò che era nascosto, non visto: la prossima posizione è sempre la migliore.

La seconda attenzione è la nostra medicina per il risveglio, il campo da gioco è la vita di tutti i giorni, l’opportunità è nelle cose che ci succedono, nessuna esclusa.

Vediamo qualche esempio:

E-mail.

Le e-mail fanno ormai parte della nostra quotidianità, così come la mancanza di tempo.

Risultato, in prima attenzione leggiamo frettolosamente, dividiamo le email in prioritarie o meno in base al valore che diamo al suo mittente, rispondiamo superficialmente e solo alle questioni meno critiche, accantoniamo quelle scomode. 

Attivando la seconda attenzione potremmo accorgerci che dietro quelle parole scritte su di uno schermo c’è una persona che vuole comunicare un messaggio, condividere sé stessa, portare una richiesta, esprimere un bisogno di essere ascoltata e compresa e che merita rispetto. 

Ecco allora il nostro atteggiamento cambiare completamente, senza sforzo o necessaria adesione ad una morale buonista, ecco che uno sguardo diverso, più ampio, in grado di cogliere oltre le apparenze ci schiude a una relazione più autentica nella quale possiamo offrire il meglio di noi stessi, le nostre qualità più genuinamente umane quali ascolto, empatia, compassione, disponibilità, accoglienza, comprensione e così via.

Seduti. 

Sembra che gran parte dell’umanità ormai vive una vita sedentaria. Ci sediamo per lavorare alla nostra scrivania, ci sediamo per vedere la televisione, per mangiare o dialogare con gli amici, ci stendiamo su una poltrona per riposarci o ascoltare musica.

La prima attenzione tende a dare per scontato  il riposo o il sostegno che essa ci offre, funzionale all’azione che vogliamo svolgere.  Sederci è semplicemente un abitudine.

Attivando la seconda attenzione potremmo accorgerci che sotto la sedia c’è il pavimento e che sotto il pavimento c’è la terra e che la terra è una forza elementale, un principio ricco di qualità e funzioni. Potremmo coglierne cosi la sacralità riconoscendola come, ad esempio, l’archetipo della Grande Madre, la Dea della fecondità, sentirci accolti e nutriti.

L’ordinaria esperienza di sederci si amplia allora, caratterizzandosi come un momento intimo di contatto con la forza della terra e tutte le sue qualità: nutrimento, accoglienza, compassione, amore incondizionato, pazienza , resa, umiltà, tra le altre.

Automobile.

Spostarsi in auto è un’altra di quelle abitudini consolidate alla quel ci dedichiamo in modo automatico e che spesso ci causa tensione e irritazione, quando siamo in prima attenzione.

L’accesso alla seconda attenzione potrebbe schiuderci invece un mondo di ricchezza e opportunità. 

Basterebbe considerare, ad esempio, quanto fino a meno di un secolo fa fosse laborioso per l’umanità spostarsi da un posto all’altro, facilmente nascerebbe allora dentro di noi un senso di gratitudine che potrebbe prendere il posto del senso di fastidio per il traffico. 

Potremmo anche riconoscere come il semplice gesto di pigiare l’acceleratore e progredire lungo il cammino sia frutto di una complessità di fattori interconnessi che risalgono a milioni di anni fa, grazie alla decomposizione di organismi marini e di piante che crescono sui fondali oceanici. 

Oppure accorgerci del dono che madre terra ci ha offerto col metallo che compone il veicolo.

Il nostro viaggio tra il traffico potrebbe così acquisire contorni più spirituali e carichi di significato.

Respiro.

Come concludere tralasciando la madre di tutti i doni che la vita ci offre, il respiro.

In prima attenzione, passiamo la nostra vita attenti a tutt’altro, il respiro ci appare scontato, dovuto, tranne quando ci manca, e allora potrebbe essere troppo tardi.

In seconda attenzione facilmente possiamo riconoscere la benedizione del soffio vitale che ci attraversa, restare in contatto, rispettandolo, lasciandolo fluire liberamente, onorandolo come un dono che si rinnova in ogni istante.

Potremmo così riconoscerlo come la medicina delle medicine, il maestro dei maestri, che rinnova il suo monito, lascia tutto e seguimi. Il maestro dei maestri se seguito ci indica la legge, tutto scorre, in ogni stante il due si fa uno, agisci di conseguenza.

 

– Pier Luigi Lattuada