“Il risveglio e lo sviluppo della coscienza spirituale” di Roberto Assagioli

Il modo superficiale e indefinito in cui la parola ‘spirituale’ è stata ed è spesso usata, ha generato molta confusione e incomprensione. Noi vogliamo evitare di proposito una definizione, preferendo un metodo più scientifico: iniziare con i fatti e le esperienze, e poi l’interpretazione di ciò che è stato osservato e sperimentato. Allo stesso tempo, il preciso significato in cui la parola ‘spirituale’ è usata qui, diverrà chiaro nel corso di questo capitolo.
Il fatto fondamentale di cui ci occupiamo è l’esperienza e la coscienza spirituale e può essere così espresso: fin dai tempi più lontani vi sono stati esseri umani che hanno affermato di avere sperimentato stati di coscienza che differivano grandemente — nelle qualità, nell’intensità e nell’effetto — da quelli che normalmente gettano le pro luci o le proprie ombre sullo schermo dell’umana consapevolezza.
Ma essi fanno un’altra e più vasta affermazione: sostengono che tali stati di coscienza sono il risultato del pervenire, o dell’involontario essere portati in contatto con un piano o sfera di Realtà che è al ‘di sopra’, o ‘oltre’, quelli generalmente considerati come ‘reali’.
Questa Realtà è stata spesso chiamata trascendente, ma noi non use questo termine per indicare qualche cosa di astratto, di remoto. Chi ne ha avuto percezioni fugaci attesta che essa è sentita come qualche cosa di più reale, duraturo e sostanziale del mondo di tutti i giorni, come la vera radice ed essenza dell’essere, come ‘vita più abbondante’.
La vastità delle testimonianze di tali contatti con una Realtà superiore più alta e più piena può togliere il respiro. Noi troviamo questi esseri in tutti i tempi e in ogni Paese, e tra le loro fila c’è il fior fiore dell’umanità.
Perciò i tentativi che sono stati fatti per negare tali esperienze, le asserzioni che esse sono mere illusioni, o tutt’al più sublimazioni degli istinti sessuali, sono del tutto arbitrarie, e dimostrano mancanza del vero spirito scientifico.
William James, il cui libro ‘The Varieties of Religious Experience’ è un modello di esame imparziale e scientifico di questo tema, ha vigorosamente dimostrato la realtà e il valore del regno trascendente. “Mi sembra che i limiti estremi del nostro essere – egli scrive – penetrino in una dimensione di esistenza del tutto diversa dal mondo sensibile e comprensibile, come abitualmente con sia essa regione mistica o regione supernaturale, che dir si voglia.”
Fin quanto i nostri impulsi ideali hanno origine in questa regione (e molti di essi la hanno, perché noi troviamo che ci posseggono in un modo che non può essere espresso a parole) noi apparteniamo a essa in senso più intimo di quello in cui apparteniamo al mondo visibile, perché noi apparteniamo più intimamente ovunque i nostri ideali appartengano. Eppure l’invisibile regione in questione non è meramente ideale, perché essa produce effetti in questo mondo. Quando noi vi penetriamo, il lavoro è effettivamente fatto sul piano della nostra personalità completa, perché noi siamo divenuti uomini nuovi, e ne consegue un modo di condurci nel mondo naturale corrispondente al nostro cambiamento rigeneratore. Ma ciò che produce effetti entro un’altra realtà deve essere chiamato una realtà esso stesso, perciò io sento che non abbiamo una scusa filosofica per chiamare ‘irreale’ il mondo invisibile o mistico.
“L’importanza di questo regno superiore di esperienza e di realtà non può essere sopravvalutata, e la sola possibilità della sua esistenza dovrebbe stimolare gli scienziati a dedicare alla sua indagine una som di energia, di tempo e di zelo commensurata al suo umano valore“. La dichiarazione del James è tale da renderne possibile l’accettazione da parte di ogni individuo libero, e incoraggiarlo ad adottarla come una base degna di fiducia per una ulteriore ricerca.
Così stando le cose, quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento verso questo regno superiore? Il buon senso ci dice che si dovrebbe tener conto di esso con la stessa serietà con cui si è pronti a considerare l’affermazione di un gruppo di esploratori di avere scoperto, diciamo, un territorio prima sconosciuto, ricco di petrolio o di metalli pregiati. Ignorare una simile affermazione sarebbe una follia, perché correremmo il rischio di privarci della opportunità di acquisire nuove immense fonti di ricchezza. Ma un affluire disorganizzato nella nuova regione, senza un adeguato equipaggiamento, adeguate armi o arnesi, esporrebbe sicuramente coloro che vi si avventurassero ai pericoli delle condizioni climatiche locali, e persino delle bestie feroci. Nella migliore ipotesi, simili tentativi sconsiderati avrebbero probabilità di successo soltanto dopo aver superato grandi difficoltà, e sarebbero compensati solo da una superficiale quantità dei tesori che attendono gli esploratori più abili, me preparati e più oculati.
La ragione e l’esperienza consigliano, naturalmente, che un ragionevole approccio al problema dovrebbe essere:
1) Studiare profondamente tutte le notizie possibili riguardanti il territorio.
2) Organizzare un’adeguata spedizione ed equipaggiarla nel miglior modo possibile.
Seguiamo perciò lo stesso metodo, ed esaminiamo e paragoniamo ciò che gli esploratori di questo poco noto ‘territorio’ di cui ci occupiamo hanno da dirci.
All’inizio ci troviamo di fronte a sostanziali difficoltà. In primo luogo: il fatto centrale e il punto di accordo al quale già ci siamo riferiti è stato sovraccaricato da una massa di parole descrittive che differisce a seconda del punto di vista di ogni osservatore. Vale a dire: ognuno di essi ha rivestito il proprio racconto con parole che presen importanti discrepanze; la sua esperienza ha suscitato in lui differenti reazioni emotive, che egli ha interpretato in vari modi parzialmente contraddittori.
Usando l’appropriata espressione di James, ogni individuo mischia con l’esperienza originale una serie di strutture personali non esatte, alle quali spesso egli diviene fortemente attaccato mentalmente ed emotivamente.
È a questa diversità che si devono la confusione, le concezioni errate e i dubbi che circondano questo argomento.
Ma l’esistenza di tali differenze non sorprende e non dovrebbe invalidare la fondamentale realtà delle esperienze. Essa è perfettamente naturale e, fino a un certo punto, inevitabile, per due ragioni importanti:
la prima è che nessuna sfera di realtà è qualche cosa di omogeneo e di semplice, bensì un ‘mondo’ reale, molteplice, vario, ricco di pienezza di vita. Poco meraviglia, allora, che i molti aspetti di quella Realtà abbiano prodotto tali differenti concezioni di ciò che è stato veduto. La seconda ragione può essere attribuita alle ampie dissimiglianze esistenti nelle costituzioni psico-
La prima conclusione da trarre da quanto è stato detto è che la coscienza spirituale non dovrebbe in alcun modo essere limitata dal tipo di esperienze e di credenze religiose o mistiche né identificata con esse. L’importanza di tale distinzione è illustrata dalle molte incomprensioni e dai numerosi conflitti, dalla confusione e lo sbigottimento risultati dalla sua mancanza. Vi è oggi un numero crescente di individui che si trovano in disperata necessità e in ansiosa, anche se spesso inconscia, ricerca di qualche cosa di più soddisfacente, più reale della vita ‘normale’ quale essi la conoscono. Molti hanno mente acuta e visione realistica e non riescono a trovare ciò di cui hanno bisogno nella religione tradizionale. In alcuni insorge una violenta opposizione, in altri semplice indifferenza. I credo, la teologia, gli inni, le cerimonie e gli appelli emotivi a un Dio personale e persino alle Chiese stesse appartengono, per quanto li concerne, a un’età passata, quasi a un mondo diverso.
Per deplorevole che possa sembrare, è un fatto innegabile e risulta evidentissimo nell’atteggiamento delle generazioni più giovani. Esse desiderano scoprire le cose da sole, avere diretta esperienza di ogni aspetto della vita e accettano soltanto ciò che viene offerto in modo oggettivo, ben provato e comprensibile, in altre parole in maniera scientifica, nel miglior senso del termine.
– Roberto Assagioli